Pensioni, cosa è cambiato da Gennaio 2023

Raggiungere il traguardo di Quota 41 entro il 2026 tramite un breve percorso di quote flessibili. Alleggerire la tassazione sui fondi pensione e, se necessario, utilizzare una nuova fase di “silenzio-assenso” per la destinazione del Tfr alle forme integrative. Iniziare un processo graduale per separare le voci pensionistiche da quelle assistenziali. Calibrare alcuni incentivi per ritardare le uscite e garantire una “copertura previdenziale” per i giovani, anche attraverso il riscatto agevolato della laurea e bonus per le lavoratrici madri.

Sembrano essere queste le linee guida impostate dal governo, dopo il confronto con le parti sociali sulla nuova riforma delle pensioni iniziato il 19 gennaio. La data è stata fissata in un incontro tra Giorgia Meloni e i sindacati il 7 dicembre. L’obiettivo del governo è quello di definire un piano per superare la legge Fornero entro l’autunno prossimo, in modo da poter inserire le prime misure nella prossima manovra e avviare la riforma nel 2024, per completarla prima della fine della legislatura. Vediamo quali sono i principali punti che stanno animando il dibattito politico.

Il nodo della spesa

Sarà difficile trovare una soluzione che soddisfi tutte le parti interessate: non solo perché le posizioni del governo non coincidono con quelle dei sindacati, ma anche a causa dell’aumento previsto della spesa pensionistica. L’inflazione, infatti, sta facendo aumentare notevolmente la spesa previdenziale, che nel 2023 è prevista in crescita dell’8,1% (rispetto al 3,9% del 2022) e del 7,5% nel 2024, passando da 297,3 miliardi di euro a 321,3 miliardi e poi a 345,3 miliardi di euro.

È noto che l’aumento della spesa previdenziale viene attentamente monitorato da Bruxelles. Il governo sembra essere consapevole di ciò, come dimostra la decisione di recuperare risorse tagliando la rivalutazione degli assegni pensionistici con importi superiori a 2.100 euro al mese, presente nel Ddl di bilancio attualmente all’esame del Parlamento. Questa decisione indica che il governo sta cercando di ridurre la spesa pensionistica in modo da rispettare gli standard europei.

Quota 41 e flessibilità in uscita

Il governo sta cercando di introdurre il pensionamento con Quota 41 “secca”, ovvero la possibilità di uscire con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Questa soluzione è fortemente sostenuta dalla Lega e anche dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.

I sindacati sembrano accettare questa soluzione, ma sottolineano la necessità di garantire maggiore flessibilità nelle uscite dal sistema previdenziale, anche attraverso la possibilità di pensionarsi a 62 o 63 anni. Anche il ministero del Lavoro, guidato da Marina Calderone, sembra interessato alla flessibilità.

In ogni caso, dovrebbero essere garantite vie di uscita flessibili per alcune categorie di lavoratori, come quelli impegnati in attività faticose e usuranti, che potrebbero beneficiare anche di un ampliamento della platea di lavoratori interessati. Anche il sistema di quote potrebbe diventare più flessibile a partire dal 2024, quando per uno o due anni dovrebbe sostituire la Quota 103 (pensionamento con almeno 41 anni di contributi e 62 anni d’età), introdotta dalla manovra del governo.

Fondi pensione, calano le tasse

Il rilancio del cosiddetto secondo pilastro è una priorità condivisa sia dal governo che dai sindacati. Il governo intende alleggerire la tassazione sui fondi pensione. Attualmente, il prelievo fiscale applicato alla rendita delle forme integrative è del 15%, e scende solo in alcuni casi particolari al 9%. L’esecutivo vorrebbe far scendere questa percentuale di almeno il 2-2,5%, e sarà poi valutata la richiesta delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil di avviare una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr alla previdenza complementare. Per maggiori informazioni sulla previdenza integrativa, puoi consultare questa guida sui fondi pensione realizzata da Propensione.

 Incentivi per giovani e natalità

 La strategia di favorire il rinvio dell’uscita dal lavoro in alcuni settori dovrebbe essere trasformata in misure operative con la prossima riforma. Dovrebbe inoltre essere introdotto un nuovo sistema di bonus contributivi ispirato in parte al quoziente familiare, che dovrebbe beneficiare soprattutto le lavoratrici madri. Un altro punto importante del confronto sarà la “copertura previdenziale” dei giovani, che non dovrebbe essere limitata solo al rilancio della previdenza integrativa. In quest’ottica, si colloca l’idea di agevolare ulteriormente il riscatto della laurea.

Previdenza e assistenza: verso la separazione?

 I sindacati sostengono da tempo che il rapporto spesa previdenziale-Pil sarebbe in realtà più basso se si eliminassero le voci assistenziali. Anche il governo sembra intenzionato a valutare la possibilità di separare la previdenza dall’assistenza, e non solo per quanto riguarda la loro collocazione nel bilancio pubblico.

Aspettativa di vita ed età pensionabile

 All’interno del nuovo cantiere previdenziale, saranno probabilmente valutate anche alcune proposte che FdI ritiene importanti come, ad esempio, la proposta di bloccare l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Anche in questo caso, uno dei problemi da risolvere è l’impatto che una misura del genere avrebbe sui conti pubblici.