Come aprire una ditta individuale. Agevolazioni e costi

Quando si decide di mettersi in proprio e di aprire una piccola attività ci si può domandare come aprire una ditta individuale, quali sono i costi da sostenere e le eventuali agevolazioni che sarà possibile richiedere.

Ricordiamo che una ditta individuale altro non è che una attività in cui il titolare è una sola persona. Quest’ultimi, pur non avendo l’obbligo di versare un capitale nel momento della costituzione dell’azienda, è totalmente investito di tutte le responsabilità relative alla propria attività.

Questo non significa, naturalmente, che l’imprenditore non possa avere dipendenti, ma rimane comunque l’unico responsabile dell’azienda.

L’iter per aprire una ditta individuale

Se si pensa di optare per una ditta individuale, il primo step è quello di aprire una partita IVA, a cui seguirà il passaggio successivo, ossia quello di aprire una posizione previdenziale all’INPS.

 Ma quali sono le pratiche per avviare un’impresa? Come detto si deve aprire una partita IVA. Si tratta, nello specifico, di un codice alfanumerico univoco che indica una singola attività.

La richiesta di apertura della partita IVA può essere inoltrata dal singolo o da un intermediario. Il consiglio è quello di affidarsi a chi si occupa di disbrigo pratiche così da non commettere errori.

Al momento della richiesta si dovranno indicare i dati anagrafici del richiedente, la sua sede legale e il codice ATECO da legare alla propria attività. La lista dei codici disponibili è presente sul sito ISTAT e dovrebbe essere consultata in modo tale da indicare quello più aderente all’attività che si intende svolgere.

Oggi c’è la possibilità di aprire una ditta individuale con regime forfettario così da minimizzare i costi da sostenere. I costi di una ditta individuale, in questo modo, andranno a essere quanto più sostenibili possibile.

Di cosa si tratta e perché è conveniente farlo? Per rispondere alla domanda è utile conoscere da vicino questo regime fiscale agevolato così da capire se si tratta di una possibilità da prendere in considerazione o meno.

Ricordiamo che il regime forfettario è nato nel 2016 per andare a sostituire il regime dei minimi, anche se differisce da quest’ultimo sotto alcuni punti di vista

Possiamo dire in linea generale che si tratta di un regime fiscale pensato per quei lavoratori autonomi che non superano i 65.000 euro di ricavi annui.

Il vantaggio principale? Quello di cercare di ridurre quanto più possibile il peso delle tasse su lavoratori autonomi, tra cui liberi professionisti ma anche artigiani e commercianti, il cui ricavato annuo non è elevatissimo.

Chi sceglie questo regime ha un’aliquota fissa al 15% che si applica sul reddito imponibile. Questo si calcola prendendo il fatturato annuo e sottraendo una percentuale fissa stabilita dal Codice ATECO.

In questo regime agevolato, ottimo per chi vuole aprire una ditta individuale a costo quasi zero, non si ha l’obbligo di fatturazione elettronica o di registrazione delle fatture. Si parla, infatti, di contabilità semplificata.

Dopo aver scelto il proprio regime fiscale e avere aperto partita IVA, lo step successivo è quello di aprire un conto corrente che può anche essere legato alla persona fisica nel caso di ditta individuale.

Importante, poi, aprire una posizione previdenziale all’INPS. Questo significa che il lavoratore autonomo è chiamato a pagarsi i contributi validi per la sua pensione. Il costo minimo dei contributi INPS è di 900 euro a trimestre, ma la somma cresce con il crescere dei guadagni.

Si ricorda anche che è necessario iscrivere la ditta nel Registro delle Imprese, il cui costo di iscrizione annuo si aggira attorno ai 60/80 euro.

Naturalmente si dovranno considerare anche i costi per la parcella del commercialista che, tuttavia, saranno inferiori se si opta per il regime forfettario rispetto a quelli sostenuti da chi opera in regime ordinario.